Introduzione

Negli ultimi anni, l’Institute of Medicine (IOM) si è dedicato in modo approfondito, innovativo e autorevole alle criticità più rilevanti del sistema sanitario degli Stati Uniti (e del resto del mondo), attraverso alcuni report che sono diventati strumento di lavoro e di riferimento in tutti gli ambiti della Medicina. I più conosciuti sono To err is human: building a safer health system del 2000 [1], Crossing the quality chasm, del 2003 [2], Building a better delivery system: a new engineering/health care del 2005 [3].

Lo scorso anno, lo stesso Istituto ha pubblicato Improving Diagnosis in Health Care, dedicato a un tipo particolare di errore, quello diagnostico che, fino a oggi, non è stato oggetto di valutazioni approfondite [4]. “Improving Diagnosis in Health Care” interessa il Laboratorio perché sostiene, in modo netto, l’infondatezza dello stereotipo del medico che, da solo, valuta il paziente e arriva alla diagnosi; il processo diagnostico richiede sempre di più un lavoro di squadra intra- ed interprofessionale. Anche se, sicuramente, l’errore diagnostico può essere dovuto a un singolo professionista, spesso deriva da un errore del sistema.

Il recente poderoso volume dello IOM è molto dettagliato nel sostenere due necessità:

  • chi opera in sanità deve essere formato meglio di quanto avvenga attualmente in aspetti come ragionamento clinico, lavoro in team e comunicazione;

  • il ruolo dei patologi nel team diagnostico è divenuto rilevante.

Lo IOM deplora il ruolo ancillare in cui i patologi sono relegati nelle strutture sanitarie e raccomanda, invece, che questi siano maggiormente coinvolti e collaborino più frequentemente con i colleghi clinici, in particolare nella richiesta degli esami appropriati, nell’interpretazione dei risultati, nel definire le modalità di comunicazione dei risultati e nella decisione clinica.

Recentemente anche i Report di Lord Carter hanno affrontato nel Regno Unito, con un approccio molto simile, gli stessi temi [57]. Sostengono, infatti, che tra i compiti dei dirigenti operanti nelle Managed Pathology Networks ci sia quello di collaborare con quanti richiedono gli esami di laboratorio al fine di:

  • far comprendere e influenzare positivamente i meccanismi della domanda e, in prospettiva, definire in modo condiviso quali servizi saranno in futuro necessari e con quali modalità i servizi dovranno essere erogati;

  • facilitare l’inserimento di questi in profili diagnostico-terapeutici e migliorare gli outcomes in termini di salute.

I Rapporti Carter indicano, più accuratamente dei Report dello IOM, i compiti di quello che chiamano il “Laboratorio Unico Logico”:

  • fornire, quando appropriata, consulenza per quanto riguarda scelta degli esami, modalità di preparazione del paziente e tipologia del campione necessario, eventuali esami aggiuntivi che potrebbero risultare utili;

  • basare tale consulenza sulle migliori prove di efficacia disponibili e compierla nei modi e con i mezzi più idonei;

  • garantire, quando appropriati, consulenza e servizi direttamente ai pazienti o ai cittadini;

  • partecipare ai meeting clinici multidisciplinari.

Quanto è stato ricordato precedentemente dimostra che le difficoltà teoriche e pratiche della promozione del ruolo del professionista del Laboratorio nei diversi sistemi sanitari sono note e dibattute da tempo, ma gli esempi di modalità strutturate per contrastare, d’intesa con i clinici, la richiesta di esami inappropriati sono pochi.

Rimane valida la classica definizione di esame appropriato secondo la Evidence Based Laboratory Medicine (EBLM) “un esame con un risultato che fornisce una risposta al quesito che mette in grado di prendere una decisione e agire” [8] e il principio che l’appropriatezza si declina in tutto il processo diagnostico, dalla fase pre-analitica a quella post-analitica [9].

Il conteggio assoluto dei linfociti CD4+ (conta CD4+) è il più importante indicatore della funzionalità immunitaria per il monitoraggio dei pazienti con infezione da HIV. Il numero assoluto dei CD4+ è in grado di predire la progressione e la sopravvivenza di questi pazienti ed è stato utilizzato per molti anni come criterio decisionale per l’inizio della terapia [10].

Recentemente si è messa in discussione l’utilità di continuare a monitorare la conta CD4+ in pazienti in terapia con viremia stabilmente soppressa e con CD4 > 300 cellule/μL [11, 12].

Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità concordano con l’indicazione di ridurre la frequenza del monitoraggio CD4+ quando è disponibile la quantificazione della carica virale (VL) del virus [13].

Lo scopo di questo studio è dimostrare che anche un Laboratorio di Area Vasta con la mission di servire una popolazione di oltre un milione di persone residenti in un’area di oltre 5000 km2 può promuovere e costituire un team multidisciplinare e multiprofessionale e ottenere rapidamente (poco più di 1 anno) risultati importanti nella gestione dei pazienti con infezione da HIV (HIV+).

Materiali e metodi

I sistemi diagnostici utilizzati [citofluorimetro FC500 con reagente Cytostat Tetra Chrome, citofluorimetro AQUIOS con reagente AQUIOS Tetra-1 Panel (Beckman Coulter, Hialeah, FL, USA) e analizzatore XE-2100 Sysmex (Dasit, Milano, Italia)] sono stati regolarmente sottoposti a controllo di qualità interna ed esterna.

L’esperienza pilota di un singolo centro clinico, cominciata nel febbraio del 2015 e relativa all’implementazione dell’appropriatezza per la richiesta della quantificazione citofluorimetrica dei linfociti CD4+ nei pazienti HIV+, ha posto le basi per la costituzione di un gruppo multidisciplinare comprendente personale di tutte le UU.OO. Malattie Infettive dell’AUSL Romagna e dell’UO Patologia Clinica del Laboratorio Unico della Romagna.

Nel maggio 2015, nell’ambito del “Programma di Attività Formative per la Prevenzione e Lotta contro l’AIDS della Regione Emilia Romagna”, il gruppo ha valutato e condiviso le raccomandazioni del Department of Health and Human Service [14], definendo e adottando criteri e standard di “buona pratica” e relativi indicatori di processo per la verifica dell’appropriatezza della richiesta (Tab. 1). I dati di tali attività sono stati inviati ogni mese dal Laboratorio Unico della Romagna alle UU.OO. cliniche.

Tabella 1 Standard per la richiesta della conta linfociti CD4 nei pazienti HIV+ e indicatori per la valutazione di adesione allo standard

Il team multidisciplinare si è riunito nuovamente nello stesso contesto formativo nel maggio 2016 per valutare, confrontare e discutere i risultati ottenuti.

Risultati

È stato confrontato il numero delle determinazioni eseguito nei primi semestri degli anni 2014 (periodo pre-studio), 2015 (fase pilota ed elaborazione proposta dello studio) e 2016 (consolidamento dello studio). La Figura 1 e la Tabella 2 riportano rispettivamente l’andamento del numero di richieste per conteggio CD4 nei pazienti HIV+ e il numero assoluto delle analisi suddivisi per ogni centro richiedente e operativo presso l’AUSL Romagna.

Fig. 1
figure 1

Andamento richieste tipizzazioni CD4+; confronto primi semestri 2014, 2015 e 2016

Tabella 2 Numero tipizzazioni CD4+ richieste dalle UU.OO. Malattie Infettive dell’Area Vasta Romagna; confronto primi semestri 2014, 2015 e 2016

Nel primo semestre 2016 sono state eseguite 2393 analisi totali (−53,9% rispetto alle 4440 analisi del 2014), con una diminuzione del costo/prestazioni di 64.071,10 euro/semestre. La riduzione delle richieste è stata costante, ma in percentuale diversa nei vari ambiti dell’Azienda Sanitaria (da −6,2% al −68,7%).

Discussione e conclusioni

I vantaggi relativi ai processi di consolidamento dei laboratori di citometria clinica, che consentono di migliorare la qualità del servizio erogato come per esempio il monitoraggio dei pazienti HIV+, condividendo e ottimizzando le risorse (analizzatori, reagenti e personale), sono stati descritti precedentemente anche dal nostro gruppo [15, 16].

Oggi le modalità di richiesta del conteggio CD4+ nei pazienti HIV+ sono eterogenee. Per esempio, nei Paesi con limitazioni economiche severe, in cui la VL del virus HIV-1 è difficoltosa, il conteggio dei linfociti CD4 può essere utile per la selezione dei pazienti candidati alla terapia antiretrovirale [17]. Nei Paesi sviluppati, il conteggio CD4+ fornisce raramente informazioni clinicamente utili nei pazienti che hanno cominciato il trattamento antiretrovirale e raggiunto la soppressione virale. Il ricorso routinario del dosaggio CD4+ è stato utilizzato per identificare pazienti con risposta immunitaria compromessa (<200 cellule/μL), che necessitavano di terapia profilattica per Pneumocystis jirovecii; tuttavia non vi sono “prove di efficacia” riguardanti questo approccio nei pazienti HIV-1+ con VL negativa [18].

Nelle linee guida condivise le raccomandazioni relative all’appropriatezza della richieste specificano, oltre all’utilizzo del dosaggio CD4+, anche i criteri per la richiesta della carica virale e i casi in cui gli esami sono da eseguire in associazione o in alternativa. Nel rispetto di queste indicazioni, dai dati raccolti si segnala che a fronte di una diminuzione delle richieste citofluorimetriche non vi è stato un significativo aumento delle richieste di carica virale.

L’aderenza alle raccomandazioni ha pertanto migliorato l’efficienza in termini di risorse della diagnostica di laboratorio.

Per migliorare l’appropriatezza della richiesta e standardizzare eventuali modalità prescrittive è necessario, come ricordato recentemente, un approccio multifattoriale che comprenda formazione, audit clinico e relativo feedback [19].

Abbiamo potuto confermare che il supporto degli opinion leader nei gruppi di lavoro multidisciplinari è cruciale per il successo delle iniziative [20].

La netta riduzione del numero e della variabilità delle richieste di esami, rilevata nel presente studio, ha avuto come presupposti:

  • evidenze solide e applicabili da adottare e utilizzare come riferimento;

  • individuazione e implementazione di raccomandazioni condivise da professionisti che operano in laboratorio, clinica e sistema qualità;

  • disponibilità di indicatori di processo, misurabili per numerosità e impatto economico, che consentano di monitorare i risultati nei diversi ambiti territoriali;

  • adozione del modello, in scala ridotta, in un singolo ambito prima di estenderlo all’intera Azienda.

Limiti dello studio

In Medicina di Laboratorio l’utilità clinica di un esame, in un percorso clinico assistenziale complesso e multidisciplinare come la gestione del paziente HIV+, può essere valutata con indicatori di processo/esito “minori” come numerosità e costosità.

Sono necessari, considerato il numero elevato dei pazienti HIV+ in Romagna (3230 nell’anno 2015) tutti afferenti in unico Laboratorio, la collaborazione dei clinici e dei referenti qualità delle UU.OO. coinvolte e un audit clinico, per verificare, almeno preliminarmente, che una richiesta più appropriata di un esame di laboratorio non produca eventi avversi, in termine di esiti clinici maggiori come mortalità o morbilità.

In Area Vasta Romagna un unico LIS gestisce le richieste esami di tutte le UU.OO. cliniche. Il software di “order entry” attualmente non prevede che le richieste di esami siano accompagnate dalla motivazione clinica. Non è stato pertanto possibile disaggregare le raccomandazioni presenti nella Tabella 1 per valutare l’appropriatezza delle stesse in relazione alle singole indicazioni.

Si stanno valutando le motivazioni della diversa adesione al nuovo percorso diagnostico da parte delle UU.OO. aziendali. Non è ancora stato definito se questo sia ascrivibile a particolarità dei pazienti che afferiscono alle diverse UU.OO., a orientamenti diversi dei professionisti che vi operano, a ostacoli organizzativi/strutturali /informatici o ad altro.