Introduzione

L’interesse per le lesioni dell’articolazione acromion-claveare (AC) risale ai tempi di Ippocrate (460–377 a.C.) [1]. Naturalmente, negli ultimi decenni le conoscenze su questa patologia sono notevolmente cresciute e si è assistito quindi allo sviluppo di numerose tecniche chirurgiche [2]. Nonostante questo, non c’è concordia sul trattamento ottimale ed esistono numerose controversie, soprattutto sulla scelta del timing chirurgico. La lussazione acromion-claveare si può associare ad altre lesioni come la frattura di clavicola o la lussazione sterno-claveare, con un tasso di incidenza assai minore.

Eziologia

Le lussazioni acromion-claveari ammontano a circa il 9–12% di tutte le lesioni della spalla, con un tasso di incidenza del 4/100.000 individui [3]. I pazienti sono in prevalenza di sesso maschile, età inferiore ai 30 anni e praticanti sport di contatto [4]. Il reale tasso di incidenza di questa patologia, tuttavia, non è certo a causa della difficoltà di diagnosi dei casi minori e dei casi misconosciuti. Il meccanismo di azione è quello di un trauma diretto, solitamente da caduta (tipica quella dalla bici) di giovani adulti, con l’arto superiore addotto. Il rapporto uomo/donna dell’incidenza è di 8:1. Le forze di azione agiscono sull’acromion dislocandolo medialmente e inferiormente. Il carico di queste forze agisce sui legamenti acromion-claveari (AC) e, successivamente, sui coraco-claveari (CC) determinandone la rottura, lasciando le inserzioni dei muscoli deltoide e trapezoide come unici vincoli di apposizioni alle forze di scomposizione. Nei gradi maggiori, anche queste inserzioni muscolari sono lesionate.

Il meccanismo traumatico tipico è quello che avviene per una caduta dalla bicicletta o in seguito a uno scontro negli sport da contatto, con trauma diretto sul gomito che deprime la spalla o trauma diretto sulla spalla cadendo dall’alto. Le forze indirette che agiscono sul complesso scapolo-omerale causano una lesione della capsula AC e dei legamenti coraco-clavicolari (CC). Nel 18% dei casi possono esserci delle lesioni associate; tra queste, le più comuni sono le SLAP lesions [5].

Anatomia

L’articolazione AC è un’artrodia composta da superfici articolari con una cartilagine sottile con interposto un disco meniscoide fibrocartilagineo. La stabilità statica di questa articolazione è data dalla capsula articolare AC e da strutture extra-articolari, i legamenti CC. Studi su cadavere hanno mostrato come la capsula AC contribuisca per il 20–50% alla resistenza alla migrazione superiore e per il 90% alla traslazione antero-posteriore. I legamenti CC sono due: medialmente il legamento conoide, lateralmente il trapezoide. Rappresentano gli stabilizzatori principali nella traslazione inferiore e mediale della scapolo-omerale rispetto alla clavicola [6]. Il legamento conoide si inserisce prossimalmente nella superfice postero-mediale della clavicola, tipicamente 4,5 cm dall’articolazione AC (47,2 mm nell’uomo, 42,8 mm nella donna). Il trapezoide si inserisce prossimalmente sulla parte anterolaterale della superfice inferiore della clavicola, circa 2,5 cm dall’articolazione (25,4 mm nell’uomo, 22,9 mm nella donna). La fascia delto-trapezoidale provvede alla stabilizzazione dinamica dell’articolazione AC, specialmente l’inserzione antero-laterale del deltoide.

Esame obiettivo

Il paziente presenta generalmente dolore localizzato sull’articolazione AC, insorto in seguito a un trauma indiretto sulla spalla. Il dolore è spesso accompagnato a edema locale e sporgenza del capo laterale della clavicola rispetto alla spalla controlaterale (Fig. 1a). A causa del dolore, la mobilità della spalla è ridotta.

Fig. 1
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(a) Rx della spalla sinistra in uomo di 45 anni dopo trauma diretto, che mostra lussazione dell’articolazione AC di grado V di Rockwood. L’Rx ci permette inoltre di escludere note artrosiche a livello dell’articolazione. (b) La ricostruzione della TC in 3D conferma la lussazione dell’articolazione e la scomposizione posteriore della clavicola anche sul piano antero-posteriore

Si deve valutare la stabilità della clavicola manualmente in senso antero-posteriore e supero-inferiore. Nelle lesioni di tipo III e V la clavicola si presenterà sollevata e riducibile con una pressione verso il basso (segno del tasto di pianoforte). Per testare la stabilità antero-posteriore bisogna addurre passivamente la spalla sul piano orizzontale. Chronopoulos e collaboratori [7] hanno riportato una sensibilità del 77% con il cross body adduction test, del 72% con l’AC resistance test e del 41% con l’active compression test; la combinazione dei 3 test ha dimostrato avere una specificità del 95%.

Diagnosi strumentale

L’esame di partenza sono le radiografie standard della spalla (trauma series) con AP vera, proiezione laterale a Y della scapola e ascellare (o, in alternativa, Velpeau modificata se l’abduzione è impossibile), a cui va aggiunta una proiezione di Zanca in comparativa sotto stress (con un peso in mano) (Fig. 1b) [8]. In casi dubbi o poco chiari è utile integrare lo studio radiografico con una TC (utile soprattutto nelle varianti anteriori e posteriori) e una RMN (per la valutazione delle lesioni associate) [9].

Classificazione

Il grado di scomposizione dipende dall’energia e dalla direzione del trauma, dal grado di lesione dei legamenti CC e dal grado di lesione dei muscoli trapezio e deltoide. Il primo a offrire una classificazione è stato Cadenet [10] la cui classificazione, insieme alla successiva di Tossy [11] è stata utilizzata a lungo per la semplicità e riproducibilità; tuttavia, aveva il limite di graduare la scomposizione riferendosi esclusivamente alla distanza coraco-claveare sul piano frontale. Nel 1984, Rockwood [12] ha descritto una più completa classificazione di tali lesioni, graduandola in 6 punti. I gradi 1 e 2 trovano indicazione in un trattamento conservativo, il grado 3 ha un’indicazione chirurgica molto discussa e attualmente l’intervento chirurgico riguarda soggetti giovani, sportivi, a elevata richiesta funzionale [13], mentre i gradi 5 e 6 sono meritevoli di indicazione chirurgica con più ampio consenso.

La classificazione di Rockwood è la più diffusa e utilizzata:

  • Tipo I: lesione AC senza lesione totale capsulare o dei legamenti CC (nessuna alterazione dei rapporti AC con quadro RX negativo)

  • Tipo II: lesione totale della capsula AC ma i legamenti AC rimangono sani (sublussazione del 50% circa della clavicola laterale)

  • Tipo III: si aggiunge la lesione totale di entrambi i legamenti CC (lussazione del 100%)

  • Tipo IV: il terzo distale della clavicola è dislocato posteriormente attraverso il trapezio (utile proiezione ascellare o esame TC per identificarla)

  • Tipo V: lesione dei legamenti CC e delle inserzioni muscolari per cui la clavicola è dislocata superiormente dal 100 al 300%

  • Tipo VI: il terzo distale di clavicola è dislocato inferiormente alla coracoide e posteriormente al tendine congiunto.

Trattamento chirurgico in acuto

Dalla prima descrizione chirurgica di Cooper [14] sono state riportate più di 60 tecniche per il trattamento delle lussazioni AC, riflettendo l’assenza di superiorità di una tecnica chirurgica rispetto a un’altra.

Nella revisione di più di 150 tecniche chirurgiche, Beitzel et al. [2] discutono i 5 obiettivi imprescindibili per una tecnica chirurgica ottimale: (1) riduzione anatomica della articolazione AC; (2) riparazione o ricostruzione dei legamenti CC; (3) protezione di questa riparazione/ricostruzione durante il processo di guarigione; (4) riparazione della fascia del deltoide o trapezoide; e (5) resezione del terzo laterale di clavicola nei pazienti che presentano già alterazioni artrosiche.

Le tecniche chirurgiche possono essere eseguite per via open, con il vantaggio di una migliore visualizzazione dell’articolazione e del riposizionamento, se integro, del menisco articolare, o per via artroscopica che assicura un miglior impatto estetico, il risparmio dei tessuti molli e la possibilità di eseguire una diagnosi più completa con l’eventuale trattamento di lesioni intra-articolari. Non esistono dati definitivi che dimostrino un vantaggio di una tecnica rispetto all’altra, e la scelta è legata alle preferenze del chirurgo sia riguardo le modalità di accesso che di intervento. Sono invece riportati dati sul timing della procedura chirurgica che ha rivelato maggiori percentuali di riduzione anatomica con risultati funzionali migliori e minori tempi di recupero qualora l’intervento venga eseguito in acuto o non oltre le 2–3 settimane [15, 16].

Gli interventi per via open dopo la riduzione della lussazione si diversificano per l’utilizzo del mezzo utilizzato per la stabilizzazione dell’articolazione ridotta.

L’utilizzo di una vite di fissazione tra la clavicola e l’acromion fu descritta del 1941 da Bosworth [17] e per molti anni è stata una tecnica utilizzata con frequenza, per la possibilità di accesso anche percutaneo con minima invasività. Le sue complicanze quali il malposizionamento, la rottura o mobilizzazione della vite con la necessità della sua rimozione, hanno reso questa tecnica sempre più impopolare.

Altro sistema di fissazione è la hook plate introdotta da Balsen nel 1976, rappresentata da una placca sul terzo distale della clavicola che, attraverso un gancio trans-articolare, viene stabilizzata alla superficie inferiore dell’acromion. A fronte di un’immediata stabilità primaria, questo mezzo necessita di un secondo intervento di rimozione del mezzo di sintesi. La complicanza più frequente era rappresentata dall’osteolisi o dalla frattura dell’acromion. Allo scopo di limitare queste complicanze si rendeva necessaria l’immobilizzazione della spalla e la rimozione della placca a 3 mesi.

L’utilizzo di fili di K trans-articolari e cerchiaggi rappresenta una valida e poco costosa alternativa eseguibile anche per via percutanea. A questa immobilizzazione si accompagna nelle tecniche open una riparazione dei legamenti acromion-claveari. La maggiore complicanza è rappresentata dalla migrazione dei fili di K [18], che andrebbero rimossi tra 2 e 3 mesi.

Altri autori descrivono l’utilizzo di un filo di K a stabilizzare l’articolazione acromion-claveare con l’ausilio di un cerchiaggio dinamico e aggiunta di “olive” alle estremità per ridurne il rischio di migrazione [19].

Per evitare l’utilizzo di mezzi di sintesi metallici e delle loro complicanze si è introdotta la tecnica di riduzione e stabilizzazione con PDS (PDS sling) posizionato “a fionda” tra la clavicola e la coracoide. Tale esposizione richiedeva una maggiore dissezione dei tessuti molli senza il vantaggio di una migliore stabilità e con un tasso più elevato anche di artrosi a lungo termine [20].

Le tecniche non anatomiche sono sempre meno indicate nella fase acuta di riparazione della lussazione. La prima descritta è stata la procedura di Cadenet nel 1917, in cui veniva eseguita la resezione del terzo laterale di clavicola che veniva, poi, stabilizzata attraverso un transfer del legamento coraco-acromiale. Più tardi, nel 1972, Weaver e Dunn [21] la propongono come tecnica ricostruttiva anche nell’instabilità cronica dell’articolazione, come vedremo in seguito.

Tali tecniche sono controindicate nei casi in cui sia possibile una guarigione spontanea dei legamenti CC e AC successivamente alla riparazione.

L’approccio artroscopico è stato sviluppato per ridurre il trauma sui tessuti molli. Alcune delle tecniche ricostruttive che abbiamo visto in precedenza possono essere utilizzate con approccio artroscopico, come la vite cannulata di Bosworth, ma è con l’introduzione di sistemi come il TightRope (Artrex), inizialmente sviluppata per la stabilizzazione della sindesmosi tibio-peroneale, che questo approccio ha conosciuto maggiore espansione. Il passaggio di fili di Fiber-wire attraverso un foro praticato a livello della clavicola e della coracoide permettono l’introduzione e il bloccaggio della placchetta del TightRope sotto la coracoide e una riduzione semplice attraverso il nodo sulla clavicola. Purtroppo, tale tecnica era caratterizzata da episodi di sublussazione/lussazione dell’articolazione, per cui si è evoluta con un sistema di seconda generazione e l’esecuzione di due passaggi che riprendono il decorso anatomico dei legamenti CC. I risultati mostrano una resistenza massima comparabile con quella dell’articolazione sana e una riduzione dell’instabilità orizzontale comparabile con quella dei cerchiaggi CC [22].

L’artroscopia, come abbiamo detto, ha il non trascurabile vantaggio di consentire un esame diagnostico completo dell’articolazione gleno-omerale con eventuale contestuale trattamento, poiché la percentuale di lesioni intra-articolari associate, come lesioni parziali o a tutto spessore della cuffia, SLAP lesions e lesioni capsulo-ligamentose, è compresa tra il 18 e 22% [23].

L’utilizzo di sistemi come il Dog Bone Button possono essere applicati al TightRope dopo il passaggio nei tunnel di clavicola e coracoide, con il vantaggio di avere una dimensione inferiore dei fori di passaggio (3 mm) e di evitare, quindi, la complicanza maggiore, che è quella della frattura della coracoide, favorita da eventuali fori di 6 mm previsti dalle altre tecniche.

Trattamento chirurgico dell’instabilità cronica

La differenza di trattamento tra lussazioni acute e instabilità croniche risiede nel fatto che nel trauma in acuto si riconosce ai legamenti CC una capacità di cicatrizzazione a condizione che i capi ossei siano ridotti e stabili. Tale capacità si riduce dopo le 3 settimane dal trauma acuto, per cui il trattamento delle instabilità di questa articolazione deve prevedere degli augment biologici e anche una stabilizzazione meccanica.

Il timing dell’intervento chirurgico negli studi comparativi tra la fase acuta e il trattamento dello stato cronico (>3 settimane) comporta trattamenti diversificati con differenti soluzioni chirurgiche.

Il trattamento chirurgico dell’instabilità cronica sintomatica dell’articolazione acromion-claveare segue due principali direzioni: nei pazienti con lussazione incompleta (Rockwood I e II), l’intervento di scelta è quello di una resezione del terzo laterale di clavicola come descritto da Mumford [24]. Nei pazienti con lussazione completa dell’articolazione (Rockwood III–V) in cui l’instabilità è causata da insufficienza dei legamenti CC, l’obiettivo chirurgico è quello della stabilizzazione dell’articolazione attraverso la ricostruzione dei legamenti CC. Le modalità di ricostruzione e i sostituti dei legamenti variano grandemente.

Il trattamento chirurgico del grado III di Rockwood è quello più discutibile e le attuali indicazioni sono intervallo dal trauma di almeno 3 mesi con presenza di discinesia scapolare sintomatica e, alla proiezione di Zanca (inclinazione cefalica di 10–15° del raggio incidente), sovrapposizione tra acromion e clavicola.

La ricostruzione dei legamenti CC può essere eseguita con tecnica anatomica (ricostruzione di entrambi i legamenti con graft o sintetici) o con tecnica non anatomica (trasposizione di altri legamenti per il ripristino della stabilità).

Un punto importante nel trattamento della lussazione cronica dell’articolazione AC è l’identificazione di un’artrosi della stessa, che è una causa di dolore e vede come indicazione la resezione del terzo laterale di clavicola precedere ogni gesto di stabilizzazione e ricostruzione legamentosa.

La tecnica più nota tra le non anatomiche è quella di Weaver-Dunn (WD), che prevede la resezione del terzo laterale di clavicola con trasposizione del legamento coraco-acromiale (CA) alla clavicola al fine di vicariare l’azione biomeccanica dei legamenti CC. Questa tecnica chirurgica ha dimostrato nelle casistiche con risultati a lungo termine un tasso di fallimento fino al 30% e una resistenza biomeccanica del neo-legamento del 25% rispetto ai legamenti CC. Inoltre, ha mostrato una tendenza allo spostamento anteriore della clavicola e una recidiva della deformità. Deshmukh e collaboratori [25] hanno riportato persino una differenza statisticamente significativa sulla lassità antero-posteriore dell’articolazione AC, maggiore dopo la ricostruzione secondo WD rispetto all’articolazione nativa, raccomandando in associazione alla tecnica di trasposizione del legamento CA, delle procedure di augmentation a protezione. Per tale motivo sono state introdotte molteplici modifiche alla tecnica di WD, tutte accumunate dall’utilizzo di vari augment di supporto al legamento CA trasposto. Le tecniche descritte prevedono fili di cerchiaggio, viti, prelievo di fascia lata, Dacron, legamenti sintetici in Goretex e altro.

Il razionale alla base è supportato dal fatto che le tecniche di ricostruzione non anatomica come quella di WD, seppure in grado di ripristinare una stabilità verticale dell’articolazione AC, mancano di una stabilizzazione orizzontale.

Accanto a questi dati, altri studi biomeccanici per la valutazione della resistenza dei neo-legamenti rispetto ai CC normali hanno mostrato come l’utilizzo di graft del semitendinoso [26] sia simile, in termini di stabilità, rispetto a quello dei legamenti intatti con i vantaggi, inoltre, del graft autologo. La modalità ricostruttiva anatomica con utilizzo del graft di tendine libero a doppio fascio mostra, rispetto all’intervento di WD modificato, una minore traslazione anteriore e posteriore. La ricostruzione anatomica a doppio fascio con utilizzo di graft sembrerebbe, quindi, ridurre il tasso di recidiva di sublussazione/lussazione postoperatorie e il dolore dovuto all’instabilità antero-posteriore, senza compromissione dei risultati di funzionalità come riportati per la sola tecnica di WD modificata [26]. La tecnica chirurgica prevede, dopo l’esposizione dell’articolazione acromion-claveare, la resezione di 10 mm del terzo laterale di clavicola, in caso di evidenza di note di artrosi AC dovute all’instabilità cronica. Il tunnel del legamento conoide è eseguito circa 45 mm medialmente all’estremità distale della clavicola (35 mm in caso di resezione). Il footprint di questo legamento è posto sul margine posteriore della clavicola e l’inclinazione della fresa deve essere posizionata con un angolo obliquo di 45° in direzione postero-anteriore. Il footprint del legamento trapezoide è invece posizionato più anteriore, per cui il tunnel osseo deve essere eseguito al centro della clavicola a una distanza di 30 mm dal margine laterale (20 mm dopo resezione) [27]. Dopo il passaggio del graft, il doppio fascio viene assicurato con viti a interferenza e le estremità libere del graft sono dirette lateralmente sull’estremità libera dell’acromion come augment dei legamenti AC. Alla fine, la fascia delto-tapezoidea viene riparata con suture in materiale non assorbibile. Il decorso postoperatorio prevede l’immobilizzazione della spalla in tutore per 4 settimane e, successivamente, l’arco di movimento è limitato ai 90° per ulteriori 8 settimane. La mobilizzazione senza limitazioni è permessa a 3 mesi dall’intervento.

La nostra scelta nel trattamento della lussazione acuta

La tecnica chirurgica da noi utilizzata è una tecnica artroscopica con accesso mini-open al terzo distale della clavicola, sia per le lesioni acute (Fig. 1a, b) che per quelle croniche, con la sola differenza che nelle lesioni croniche viene posizionato come augmentation un trapianto di tendine gracile autologo attorno alla coracoide e al terzo distale della clavicola, oltre al sistema Dog Bone Button.

Il paziente è posto in posizione semi-seduta (beach-chair) con supporto trimano per l’arto superiore. In artroscopia mediante accesso artroscopico posteriore, antero-inferiore e laterale anteriore si procede all’apertura dell’intervallo dei rotatori e alla preparazione della superficie inferiore della coracoide. Quindi, con un puntatore simile a quelli usati per il legamento crociato posizionato sotto la coracoide e con una fresa cannulata si esegue un tunnel osseo dal terzo laterale di clavicola (3,5 cm dall’estremo distale) fino al centro della coracoide. Si rimuove il puntatore e, attraverso la fresa cannulata (Fig. 2a), viene fatto passare un filo di nitinol (Fig. 2b) con un loop a un’estremità che viene ripreso dall’accesso artroscopico antero-inferiore e che servirà come shuttle per trasportare il fiber tape quadruplicato attraverso i tunnel con una placchetta Dog Bone Button posizionata all’estremità inferiore (Fig. 2c). Una volta controllato in artroscopia che il Dog Button sia ben posizionato sulla superficie inferiore della coracoide, si posiziona un’altra placchetta Dog Button sul fiber-tape che emerge dalla clavicola. Tensionando i capi liberi si serra il costrutto e si annodano i fili ottenendo la riduzione e la stabilizzazione della lussazione (Figg. 3, 4). Eseguiamo un controllo in scopia e, successivamente, radiografico che verifichi la corretta riduzione dell’articolazione acromion-claveare (Fig. 5 a, b). In caso di lesioni croniche, una volta ridotta e stabilizzata la lussazione acromion-claveare, viene fatto passare a cavallo della coracoide e della clavicola un trapianto di tendine gracile autologo che viene annodato e suturato sopra la clavicola.

Fig. 2
figure 2

(a) In artroscopia dopo la preparazione della superficie inferiore della clavicola si esegue un foro trans-osseo mediante fresa cannulata a 3,5 mm dall’estremo laterale di clavicola. (b) Passaggio del filo di nitinol con un loop a un’estremità che viene ripreso dall’accesso artroscopico antero-inferiore e che servirà come shuttle per trasportare il Fiber tape quadruplicato attraverso i tunnel. (c) Controllo della placchetta Dog Bone Button posizionata all’estremità inferiore della clavicola

Fig. 3
figure 3

Legatura del Dog Bone Button con accesso artroscopico per la visualizzazione

Fig. 4
figure 4

Dog Bone Button con il nodo di tenuta al termine dell’intervento che mostra il minimo impegno nei tessuti molli

Fig. 5
figure 5

(a) Rx postoperatoria che mostra la riduzione dell’articolazione AC e la posizione delle placchette del Dog Bone Button. (b) La proiezione di Zanca mostra il ripristino dopo riduzione dei rapporti articolari